CCA E Klatskin

COLANGIOCARCINOMA ILARE (Tumore di Klatskin)

Il colangiocarcinoma ilare conosciuto anche come "tumore di Klatskin" è stato decritto e documentato come entità' specifica da Klatskin nel 1965 ed ha un origine anatomica molto specifica: la confluenza biliare. Dalla descrizione fatta da Klatskin la neoplasia ha preso il nome dell'autore ed è generalmente conosciuta come "tumore di Klatskin".

SINTOMI

Il tumore di Klatskin puo' essere silenti per lunghi periodi. Il sintomo principe è l'ittero, in assenza di sintomatologia specifica. Essa inizialmente è estremamente aspecifica: vago dolore addominale, anoressia, perdita di peso e prurito sono i sintomi più comuni, ma sono presenti solo in un terzo dei pazienti. La maggior parte dei pazienti giungono alla attenzione dello specialista per la comparsa di ittero o di alterazione degli esami di funzionalità epatica. Il prurito è un segno che può precedere anche di settimane l'insorgenza dell'ittero.

DIAGNOSI

Molti pazienti giungono nei centri specialistici di terzo livello avendo gia' eseguito una diagnostica, generalmente una tomografia computerizzata (TC) o alcune procedure invasive volte a far calare l'ittero, come il posizionamento di drenaggio trans pepato duodenale (PTBD) o il drenaggio della via biliare per via endoscopica (ERCP).

Ecografia: L'ecografia è generalmente la prima metodica diagnostica usata per la valutazione della colestasi e della disfunzione epatica. Nell'identificazione e diagnosi del CCA la sua utilità però è limitata. I reperti ecografici tipici sono quelli di dilatazione delle vie biliari e il reperto di un effetto massa a livello dell'ilo ove c'e una brusca scomparsa della dilatazione biliare.

Tomografia computerizzata (TC): È un esame fondamentale nella diagnostica, generalmente il secondo esame richiesto dopo l'ecografia. Essa consente non solo di studiare la neoplasia, i suo rapporti vascolari e caratteristiche, ma anche di effettuare una stadiazione oncologica preoperatoria. La risoluzione TC è sub ottimale per quanto riguarda la valutazione del coinvolgimento linfonodale, in particolare delle stazioni secondarie ed inoltre nella valutazione della carcinosi peritoneale.

Risonanza Magnetica (RM) e colangio risonanza magnetica (MRCP): Il vantaggio maggiore delle MRCP è quello di essere in grado di effettuare una diagnostica di qualità anche superiore alla colangiografia ma senza il rischio di dare colonizzazione batterica della via biliare, evento che può determinare batteriemie sistemiche e che aumenta la morbidita' perioperatoria .

Colangiografia: La colangiografia consente di effettuare una diagnostica accurata, precoce e con una buona valutazione dell'estensione tumorale. Si tratta però di un esame invasivo che può essere effettuato attraverso ERCP o tramite PTBD. Il vantaggio di entrambe le procedure è quello di poter eseguire oltre alla diagnostica un trattamento palliativo temporaneo (posizionamento di drenaggi in materiale plastico) o definitivo (posizionamento di drenaggi a maglie metalliche) e di eseguire brushing o prelevare campioni biliare per analisi.

Tomografia ad emissione di positroni (PET): Come per molte altre neoplasie, le cellule di CCA captano il fluoro desossiglucosio (FDG) identificando la neoplasia come un "hot spot'.

Marcatori tumorali: I marcatori più studiati sono l'antigene carboidratico 19 – 9 (CA-19.9), il 125 (CA 125) e l'antigene carcino embrionario (CEA). Questi ultimi due sono non specifici e possono essere elevati anche in presenza di altre neoplasie del tratto gastroenterico o di origine ginecologica oppure in stati infiammatori della via biliare come la colangite o la litiasi.

Citologia: Una diagnosi tissutale si ottiene generalmente attraverso una biopsia durante ERCP o con un brushing. L'interpretazione delle citologia è estremamente complesso a causa delle alterazioni cellulari dovute allo stato infiammatorio. In letteratura vengono riportate sensibilita' basse dal 37 al 63%, mentre la specificita' è molto piu' alta ed arriva al 100% in alcuni report .

TERAPIA

In generali molti Autori non ritengono necessaria la conferma istologica per procedere con il trattamento chirurgico, qualora praticabile. In assenza di chirurgia sulle vie biliari antecedente, la presenza di una lesione stenosante, accompagnata da sintomatologia tipica, sono reperti generalmente sufficienti per una diagnosi presuntiva di HiCCA la quale è corretta nella gran parte dei casi.
I due punti chiave della chirurgia resettiva dell'HiCCA sono la resezione chirurgica con margini negativi e la ricostruzione della continuita' biliare.
L'asportazione chirurgica del tumore è l'unico approccio potenzialmente curativo, quando condotta con margini negativi (resezione R0). La negatività dei margini chirurgici è un fattore chiave nell'outcome oncologico del paziente, reperto documentato in numerose serie pubblicate in letteratura. La resezione del lobo caudato è considerata da molti Autori parte integrante della resezione chirurgica: anche se probabilmente la resezione en-block del lobo caudato non è essenziale, specialmente per le neoplasie che coinvolgono i dotti biliari segmentari di destra o che non coinvolgono la placca ilare, la resezione del primo segmento andrebbe praticata di routine, specialmente per le neoplasie centrali o che si estendono verso sinistra.
Nei pazienti resecabili, i quali rappresentano meno del 50% del totale, il trattamento chirurgico risulta complesso, con una morbidita' che in letteratura viaria dal 30 al 50% e mortalità tra il 10 e 15%.
La chemioterapia (CT) offre scarsi risultati. In passato solo alcuni trial non controllati di fase due hanno suggerito una certa efficacia della CT nel trattamento di neoplasia non resecabili o recidive. Recenti studi pero' descrivono un miglioramento delle sopravvivenze associando alla gemcitabina derivati del platino.

PROGNOSI

Come già detto la chirurgia è l'unica chance curativa per questi pazienti con sopravvivenze a 5 anni che variano dal 9 al 28%, anche se le serie maggiori riportano sopravvivenze generalmente sopra il 20%, e sopravvivenze mediane che variano dai 19 ai 35 mesi. Se si approfondisce l'analisi di sopravvivenza di tutti questi studi stratificando per la radicalità della resezione si nota come le resezioni R0 sono associate a sopravvivenze a 5 anni che variano dal 24 al 43% con numerose sopravvivenze a 5 anni libere da malattia. Al contrario, i pazienti nei quali si sia documentata l'invasione del margine hanno sopravvivenze che variano dallo 0 al 15% .
Nei pazienti sottoposti a chemioterapia sistemica la sopravvivenza mediana è tra gli 8 e gli 11 mesi.