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Epatite fulminante

Per epatite fulminante si intende un quadro di improvvisa insufficienza epatica caratterizzato da ittero, coagulopatia (INR > 1.5 in paziente non in terapia anticoagulante) ed encefalopatia in soggetti che non presentavano in precedenza malattie a carico del fegato.
In base all’intervallo di tempo tra l’insorgenza dei primi sintomi (ittero) e l’insorgenza di encefalopatia l’epatite fulminante può essere classificata in:

  • Epatite fulminante o iperacuta (intervallo di 7 giorni)
  • Epatite acuta (8-28 gg)
  • Epatite subacuta o subfulminante (>4-12 settimane)

Le cause più frequenti di epatite fulminante sono:

  • virale (HAV, HBV, HEV, Herpes)
  • da farmaci (paracetamolo, frequentissima in Gran Bretagna; alotano)
  • da alcool
  • da tossine (amanita phalloides)
  • da abuso di prodotti da erboristeria
  • da droghe o da solventi industriali (tetracloruro di carbonio)
  • da autoimmunità
  • da altre cause quali morbo di Wilson, sindrome di Reye, sindrome di Budd-Chiari, steatosi acuta gravidica, ipertermia

In circa il 20% dei casi l'eziologia rimane sconosciuta.

SEGNI E SINTOMI

Clinicamente l’epatite fulminante si manifesta entro 10 giorni dall’esordio dell’ittero con i segni e i sintomi dell’encefalopatia epatica (alterazione psico-motoria, alterazioni del comportamento, difficoltà nel linguaggio, rallentamento nell’ideazione, confusione mentale, stato soporoso sino al coma, flapping tremor, spasticità, iperreflessia), spesso accompagnati da febbre, dolori addominali, nausea, vomito, iperventilazione, fetor hepaticus ed aumento dell’ittero cutaneo.

DIAGNOSI

Si basa su:

    • Accurata ANAMNESI: esposizione ad infezioni virali, farmaci, tossine.
    • ESAME OBIETTIVO: valutazione dello stato mentale per definire l’eventuale presenza di encefalopatia; esclusione di segni di epatopatia cronica preesistente; presenza di ascite, petecchie/ecchimosi cutanee o di fegato di dimensioni ridotte.
    • ESAMI SIEROLOGICI E MICROBIOLOGICI.
    • ESAMI EMATOCHIMICI:
      • Iperbilirubinemia
      • Alterazione dei parametri coagulativi (tempo di protrombina superiore a 50 secondi oppure con un INR di 3.5 , caduta dei livelli dei fattori V e VII al di sotto del 30%)
      • Marcata elevazione delle transaminasi (AST/ALT superiori a 5 000 - 10 000 UI/L) : questo ultimo dato non è però costante, essendo possibile trovare valori di AST/ALT, che dopo una rapida ascesa, cadono rapidamente fino a raggiungere valori non lontani dalla norma. Tale reperto, indice di necrosi massiva già avvenuta, è prognosticamente sfavorevole, specie se associato a rapido aumento dell'ittero e a riduzione delle dimensioni del fegato.
      • Aumento di urea e creatinina ed oliguria (sdr epatorenale)
      • Iperammoniemia
  • ESAMI STRUMENTALI; ecografia addome o TC addome per valutare dimensioni del fegato ad assenza di trombosi vascolari.
  • BIOPSIA EPATICA; nei casi sospetti di epatite autoimmune, linfoma, infiltrazione metastatica, infezione da HSV, o di causa non nota.

TERAPIA


La terapia è essenzialmente di sostegno ( Vitamina K, infusione di plasma fresco o piastrine, antibiotico-profilassi, N-acetil-cisteina, sostegno inotropo), e richiede nella maggior parte dei casi un approccio intensivo.
A seconda dell’eziologia possono essere intraprese anche terapie specifiche quali:

      • Corticosteroidi per le epatiti autoimmuni.
      • Lamivudina o entecavir per le HBV acute.
      • Acyclovir per le infezioni da HSV.
      • Chelanti del rame, plasmaferesi ed antiossidanti per il morbo di Wilson.
      • Decompressione chirurgica o confezionamento di TIPS (transjugular intrahepatic portosystemic shunts) per la sdr Budd-Chiari acuta.

È comunque necessaria una valutazione multidisciplinare tra epatologi, anestesisti, chirurghi trapiantologi , neurologi e nefrologi al fine di iniziare una rapida valutazione per inserimento in lista per trapianto di fegato.
Il trapianto di fegato rimane, al momento, la terapia di scelta nei pazienti con rapida progressione del danno epatico.

PROGNOSI


Lo score prognostico comunemente utilizzato è il King College Criteria (KCC); si tratta di uno score sensibile ma poco specifico.
I fattori principali che determinano l’outcome dell’epatite fulminante sono rappresentati dall’eziologia e dal grado di encefalopatia al ricovero.
La sopravvivenza con il solo trattamento medico di supporto appare migliore nei soggetti in cui la encefalopatia esordisce in forma iperacuta rispetto alle forme acuta o subacuta (50 vs 20%), nelle forme da Virus A (45-60%) , nella steatosi acuta gravidica e in caso di intossicazione da paracetamolo (50%). Prognosi sfavorevole si osserva invece più frequentemente nelle epatiti non-A non-B (sopravvivenza 9-20%), nelle forme tossiche da alotano (sopravvivenza 12%) e nelle forme associate a morbo di Wilson (mortalità vicina al 100%) o a epatiti autoimmuni.
Il trapianto di fegato ha sostanzialmente modificato la storia naturale di questa patologia; la sopravvivenza a breve termine dopo trapianto è buona, un 90% di sopravvivenza a 1 mese e il 70% a 1 anno.

PROSPETTIVE FUTURE


Il futuro è attualmente orientato verso:

        • Utilizzo con bridge al trapianto del fegato bioartificiale ossia di un sistema di supporto delle funzioni epatiche, costituito da una componente biologica (epatociti) e da una struttura artificiale che funge da supporto alle cellule e da interfaccia con il sangue o con il plasma del paziente.
        • Sperimentazione con cellule staminali totipotenti.
        • Trapianto di epatociti isolati; si tratta di una procedura sinora eseguita in modelli animali con insufficienza epatica acuta, dimostrando un miglioramento della sopravvivenza correlato sia alla massa di cellule trapiantate che alla precocità del trapianto (Gagandeep 2000; Krishna Vanaja 1998; Nakamura 1997). I risultati sono spiegati sia dal sostegno metabolico fornito dagli epatociti trapiantati che da fattori umorali verosimilmente prodotti dagli stessi, che eserciterebbero uno stimolo trofico sul fegato nativo malato. Alcuni studi clinici hanno riportato l’utilizzo di epatociti isolati infusi in corso di epatite acuta fulminante, come supporto metabolico transitorio (“bridge”) in attesa di un trapianto d’organo, o addirittura come strategia per favorire la ripresa rigenerativa e funzionale del parenchima endogeno (Strom 1999). Si tratta di casistiche molto limitate e non randomizzate, che non consentono di trarre alcuna conclusione sull’efficacia del trattamento.

BIBLIOGRAFIA AGGIORNATA

 

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        Scand J Infect Dis 1997. 29:8789.
      5. Nakamura J, Okamoto T, Schumacher IK, et al. Treatment of surgically induced acute liver failure by transplantation of conditionally immortalized hepatocytes. Transplantation 1997; 63 (11): 1541-1547.
      6. Krishna Vanaja D, Sivakumar B, Singh L, Janardanasarma MK, Habibullah CM.
        In vivo identification, survival, and functional efficacy of transplanted hepatocytes in acute liver failure mice model by FISH using Y-chromosome probe. Cell Transplant 1998; 7 (3): 267-273.
      7. Gagandeep S, Sokhi R, Slehria S, et al. Hepatocyte transplantation improves survival in mice with liver toxicity induced by hepatic overexpression of Mad1 transcription factor. Mol Ther 2000; 1 (4): 358-365.
      8. Strom S., Fischer R. Hepatocyte transplantation: new possibilities for therapy. Gastroenterology 124: 568-571,2003.
      9. Strom SC, Chowdhury JR, Fox IJ. Hepatocyte transplantation for the treatment of human disease. Semin Liver Dis 1999; 19 (1): 39-48.
      10. William M. Lee1, Squires R, Nyberg S , Hoofnagle JH. Acute liver failure: Summary of a workshop. Hepatology. 2008 April ; 47(4): 1401–1415
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